Associazione culturale di rievocazione storica

La Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania

Appreso il rifiuto del Belgio a rimanere neutrale di fronte all’avanzata tedesca, Grey alle 14 del 4 agosto inviò al suo ambasciatore a Berlino Edward Goschen (1827-1924) un telegramma da inoltrare alla Germania. Era un ultimatum: constatato il rifiuto belga all’ultimatum tedesco nonché lo sconfinamento di truppe tedesche a Gemmenich (frazione del comune di Plombières), la Germania doveva far pervenire entro la mezzanotte (23 ora di Londra) l’assicurazione al rispetto della neutralità del Belgio. Proseguiva Grey rivolto al suo ambasciatore:

« Ciò non avvenendo, Voi chiederete i vostri passaporti, e direte che il governo di Sua Maestà [britannica] si sente costretto a prendere tutte le misure in suo potere per sostenere la neutralità del Belgio e l’osservanza di un trattato di cui la Germania è parte non meno di quanto lo siamo noi. »

La Germania tuttavia non aveva scelta: il suo piano globale di guerra era già in atto. Il 3 agosto durante una seduta del gabinetto prussiano a Berlino, Bethmann-Hollweg anticipò ai colleghi che l’entrata in guerra della Gran Bretagna era inevitabile. Ma la fiducia che l’alto comando tedesco riponeva nel proprio esercito era assoluta, tanto che lo stesso giorno, prima ancora che la Germania invadesse il Belgio, le truppe tedesche superarono la frontiera e occuparono tre città della Polonia russa.

Quando verso le 19 dello stesso 4 agosto, l’ambasciatore inglese Goschen si recò dal ministro degli esteri tedesco Jagow per presentargli l’ultimatum, questi gli disse di non poter rispondere se non come ad un loro precedente colloquio sullo stesso tema: «no». Ma che a prescindere dalla risposta, le truppe tedesche erano già in Belgio. L’ambasciatore chiese allora i passaporti e passò a prendere congedo dal Cancelliere Bethmann-Hollweg.

Questi gli tenne un infervorato discorso e, riferito al trattato che assicurava la neutralità del Belgio dal 1839, gli disse che la Gran Bretagna aveva preso una decisione terribile solo per la parola “neutralità”, solo per un “pezzo di carta” per il quale si accingeva ad attaccare una nazione consanguinea che desiderava esserle amica. Bethmann disse a Goschen che era come colpire alle spalle chi lottava per la sua vita contro due aggressori e che rigettava sull’Inghilterra la responsabilità dei terribili eventi cui si poteva andare incontro.

Goschen difese la validità della scelta britannica ma poi ebbe un crollo psicologico e scoppiò in lacrime. Prima di congedarsi completamente da Bethmann, gli chiese il permesso di trattenersi qualche minuto nella sua anticamera per non farsi vedere in quello stato dal personale della Cancelleria.


Sette ore prima della scadenza dell’ultimatum inglese, le truppe tedesche avevano già oltrepassato la frontiera belga[86]. Alle ore 23:05 dello stesso 4 agosto, trascorsi i termini dell’ultimatum, un giovane funzionario del Foreign Office consegnò all’ambasciatore tedesco a Londra, Lichnowsky, che era già andato a letto, la stesura definitiva della dichiarazione di guerra della Gran Bretagna alla Germania, a firma di Grey:


« […] Ho l’onore di informare l’Eccellenza Vostra che, in conformità ai termini di notificazione fatta oggi al governo tedesco, il governo di Sua Maestà [britannica] considera che dalle 11 p.m. di oggi esiste stato di guerra fra i due paesi. Ho l’onore di accludere i passaporti per Vostra Eccellenza, per la sua famiglia e per il personale. »

Diffusasi la notizia, davanti all’ambasciata britannica a Berlino si radunò immediatamente una gran folla, che cominciò a tirare sassi contro i vetri dell’edificio e lanciare insulti. La mattina seguente un emissario del Kaiser, che era venuto a porgere le scuse per gli incidenti, non seppe resistere alla tentazione di far osservare all’ambasciatore inglese Goschen che le proteste erano la spia «di quanto sia il risentimento che l’Inghilterra ha suscitato tra la popolazione schierandosi contro la Germania, dimenticando che noi abbiamo combattuto fianco a fianco a Waterloo». Goschen e i suoi collaboratori si prepararono a lasciare Berlino.

Sir Edward Grey, che aveva tentato di evitare che l’Austria-Ungheria invadesse la Serbia ma, insieme al suo governo, si era rifiutato di dare garanzie formali alla Francia, si schierò ora a favore della guerra contro la Germania rifacendosi a considerazioni molto più ampie che non la semplice violazione della neutralità belga. All’ambasciatore statunitense a Londra disse:

« Il nocciolo della questione è che la Germania, se vincerà, egemonizzerà la Francia, e l’indipendenza del Belgio, dell’Olanda, della Danimarca, e forse della Norvegia e della Svezia, sarà ridotta ad un’ombra. La loro esistenza come nazioni sovrane diventerà pura finzione, tutti i loro porti saranno a disposizione della Germania, la quale dominerà l’Europa occidentale. […] In una situazione del genere avremmo finito di esistere come grande potenza. »

 

In Germania anche i socialisti ora appoggiano le misure di guerra: “non abbandoniamo la patria nel momento del bisogno”.
A Parigi non circolano più automobili. Sono state quasi tutte requisite dall’esercito. Per le strade c’è comunque gente. L’atmosfera non è troppo pesante.
Il “Corriere della Sera” segnala pochi disordini, dovuti perlopiù all’imprudenza di alcuni stranieri.
Un commerciante avrebbe detto ad alta voce che “un tedesco vale almeno cinque francesi”. Il successivo quarto d’ora non dev’essergli stato particolarmente lieto.

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