
Quello che tutti noi conosciamo come il 91, fucile italiano della Grande Guerra per antonomasia, ufficialmente si chiama Fucile Parravicino-Carcano modello 1891 perchè:
– Carcano era il responsabile del gruppo di armieri e tecnici che, lavorando nell’arsenale di Terni, avevano il compito di sviluppare un nuovo fucile per le truppe italiane in calibro 6,5×52 seguendo gli stretti dettami governativi in termini di costi, caratteristiche tecniche, ecc
– Parravicino era l’alto ufficiale, supervisore militare del progetto e rappresentava la Commissione Governativa.
– 1891 l’anno in cui venne adottata l’arma.
Molte volte si parla di Mannlicher-Carcano ma è un errore perchè il famoso progettista austriaco Ferdinand Ritter von Mannlicher non partecipò mai al progetto, se non “di striscio”. Infatti noi italiani ci siamo ispirati alla sua piastrina di caricamento, in qualche modo anche copiandola (su licenza, pagata bei soldi!) ma con la miglioria che nel nostro fucile non esisteva più l’alto ed il basso, permettendo quindi di caricare il fucile senza dover prima guardare la piastrina. Considerato l’uso bellico cui era destinato, questo era una buona modifica. Il 91 era prodotto in alcune varianti che includevano il Fucile lungo di Fanteria M1891, il Moschetto Mod.91 da Cavalleria, adottato nel 1893, il Moschetto per Truppe Speciali Mod.91, o M91TS adottato nel 1897.
Breve nota che esula dalla Grande Guerra: queste armi furono usate fino al 1938, quando si pensò di rimpiazzarle con il calibro più potente 7.35×52 derivante dalle recenti esperienze africane. Serviva infatti un’arma più potente, più maneggevole e meno costosa. Tecnicamente il 91/38 era simile al 91, solo più corto, camerato per il nuovo calibro e con tacca di mira fissa a 300m.
Il 91 era stato concepito con la rigatura a passo variabile il cui passo diminuisce all’avvicinarsi al vivo di volata. Infatti era una credenza dell’epoca, ed il 91 non è l’unico fucile a testimoniarla, che per rendere un’arma più precisa il proiettile dovesse aumentare gradualmente la velocità di rotazione lungo la canna, e per ottenere questa particolarità si era introdotto il passo variabile della rigatura, aumentando chiaramente la difficoltà di produzione e quindi i costi.
Dal 1938 i 91 vennero accorciati e ricamerati in 7.35×52 per ritornare nel 1940 al cal. 6,5 per l’incapacità di fornire una sufficiente quantità di munizionamento necessario all’incombente guerra. Alcuni fucili destinate alle truppe in Africa vennero anche camerati per il potente 7.92×57 tedesco.
Questi 2 articoli sono una disamina del nostro 91 senza troppa pietà ed anche se un po’ lunghi vale la pena leggerli: c’è sempre qualcosa da scoprire …